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Federico II e il "De arte venandi cum avibus"

Federico di Hohenstaufen, figlio di Enrico VI e Costanza d’Altavilla (dinastia Normanna), apparteneva alla nobile famiglia Sveva degli Hohenstaufen. Il vero nome di battesimo era Costanzo, poi cambiato in “Federico” per indicarlo come futura guida dei principi germanici, in quanto nipote di Federico Barbarossa.

A soli tre anni rimase orfano di padre, e un anno dopo anche di madre; poco prima di morire, però, Costanza lo affidò a Papa Innocenzo III che, in cambio dell’educazione del figlio, fu ripagato in oro. Al compimento dei suoi sedici anni divenne maggiorenne, uscendo dalla tutela papale, e poté assumere il controllo del Regno di Sicilia.

Nel frattempo in Germania, dopo la morte di Enrico, nessuno riuscì più a farsi eleggere imperatore, ma due erano i candidati: Federico II ed Ottone IV. Quest’ultimo poteva contare sull’appoggio del re d’Inghilterra e di papa Innocenzo III che non accettava l’idea di un imperatore d’origini sveve. Ottone, infine, ottenne il potere, ma per un periodo di soli sei anni. Federico II non era solo un imperatore, ma si cimentò anche in un’opera letteraria: il “De arte venandi cum avibus” ovvero “ L’arte di cacciare con gli uccelli”.

In quest’opera l’imperatore si occupa di ornitologia, di allevamento e di caccia, trattando i temi con molta attenzione. Egli era un cacciatore appassionato, e riteneva la caccia un modo per socializzare con le persone dello stesso rango. Il suo hobby preferito era la caccia con il falco addestrato e, per via del costo di quest’attività, essa era riservata solo ad una certa èlite. Questo genere di attività non era considerata un semplice passatempo, ma una vera e propria scienza, tanto che Federico si procurò trattati d’ornitologia e di caccia, li raccolse in un codice concepito, in seguito, come un libro sulla falconeria.

Quest’opera sull’arte di cacciare con gli uccelli, rappresenta uno studio ancora attuale sia per i metodi di cattura ed addestramento dei falchi, sia per le tecniche di caccia della selvaggina attraverso l’utilizzo dei rapaci addestrati.

di Carlotta Bolla - impaginato da Benedetta Iebole