Image
Image
Image
Image
Image

Il Boia nel mondo

La Classe quarta del Liceo delle Scienze Umane (opzione Economico Sociale) ci propone questa articolata riflessione sulla pena di morte e sulla situazione esistente oggi nel mondo in relazione ad essa. Un argomento di cui attualmente, forse, si parla meno, ma che risulta essere uno dei tanti problemi irrisolti dell’umanità all’alba del Terzo Millennio

La situazione attuale

Gloria Colman

Era il 1944 quando, George Stinney, all’età di 14 anni, venne accusato dell’omicidio di due bambine, senza prove concrete, e condannato alla sedia elettrica, sulla quale furono messi degli elenchi telefonici poiché la sedia risultava essere troppo grande per l’esile corpo del ragazzo. Oggi, dopo più di 70 anni i giudici del Sud Carolina lo hanno riconosciuto innocente. È stato l’omicidio di Stato del più giovane condannato a morte nella storia degli Stati Uniti nel Novecento. La sorella di George, dopo l’annullamento della condanna ha detto: “Ricorderò per sempre quel giorno in cuihanno portato via mio fratello da casa. Non ho mai più visto mia madre ridere”. Ancora oggi in molti Paesi degli USA, ma non solo, si muore per reati commessi quando si era ancora minorenni. La pena di morte è in vigore in diversi stati del mondo; infatti, nonostante la maggioranza dei governi mondiali abbia abolito le esecuzioni capitali, rimangono diversi Paesi in cui è ancora in vigore. Tra questi bisogna, però, fare delle distinzioni poiché, sebbene in molti Paesi sia ancora parte del codice penale, la pena di morte non viene applicata da decenni e si limita ad essere parte formale della legislazione, in altri, invece, viene applicata solo per reati molto specifici o particolarmente eccezionali, come colpi di stato o guerre. Al 31 dicembre 2015 i Paesi che hanno abolito la pena di morte per ogni reato erano 102, 6 quelli che l’hanno abolita salvo che per reati eccezionali, 32 quelli nei quali non si registrano esecuzioni da almeno dieci anni o hanno assunto un impegno a livello internazionale a non eseguire condanne a morte. In totale 140 Paesi hanno abolito la pena di morte nella legge o nella pratica. 58 mantengono, invece, in vigore la pena capitale.

In Italia la pena di morte è stata abolita nel 1948, dall’articolo 27 della Costituzione italiana: “Non è ammessa la pena di morte se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”. La legge 589 del 1994 ne ha deciso l’abolizione anche dal codice penale militare di guerra. Nel 1764 Cesare Beccaria, scrisse l’opera “Dei delitti e delle pene” in cui ha definito la pena di morte non necessaria, meno efficace della pena detentiva e irreparabile. “Parmi un assurdo che le leggi, che detestano e puniscono l’omicidio ne commettano uno esse medesime, e per allontanare i cittadini all’assassinio ne ordinino uno pubblico”. Beccaria ha cercato di dimostrare che la pena di morte non può mai essere considerata giusta, perché nessuno può avere il diritto di decidere su un’altra vita. Inoltre l’esecutore della pena si macchierebbe lui stesso di una colpa per la quale spetterebbe la pena capitale; andando così a creare un circolo vizioso. “È sbagliato uccidere qualcuno. E’ sbagliato uccidere chi uccide. E’ sbagliato uccidere il boia. Le leggi sull’omicidio devono essere abbattute”(Charles Nodier). Il Dalai Lama dice “Un criminale è un essere come gli altri, che in certe situazioni può diventare migliore nello stesso modo in cui voi e io possiamo, in date circostanze, diventare peggiori. Diamogli una possibilità. Non consideriamolo come un essere irreparabilmente nocivo, di cui bisogna sbarazzarsi a ogni costo. Quando il nostro corpo è ammalato non lo distruggiamo, cerchiamo di guarirlo. Perché dovremmo distruggere gli elementi malati della società, anziché curarli?” E allora perché si uccidono le persone che hanno ucciso altre persone? Per dimostrare che le persone non si devono uccidere?

Giusta o Sbagliata

5 biggest executioners: China, Iran, Iraq, Saudi Arabia e U.S.A

Iacopo Ciabini - Tea Maestri

La pena di morte è l’esecuzione di un prigioniero ordinata da un tribunale in seguito a una condanna. In genere viene comminata a persone accusate di gravi reati. Il dibattito sulla legalità della pena di morte si sviluppa intorno a due questioni: se sia giusta o se invece sia inutile per gli scopi che intende raggiungere nella società in cui è applicata. Coloro che ne chiedono l’abolizione affermano che va contro i diritti umani fondamentali, come il diritto alla vita e quello a non essere torturati. Alcuni studi hanno dimostrato che non ha alcun effetto frenante e deterrente; negli USA il numero di omicidi negli stati in cui è prevista la pena di morte è molto più alto di quelli in cui è stata abolita!!! In tutto il mondo nel 2007 sono state eseguite almeno 1252 condanne a morte in 24 paesi. La pena di morte, quindi, è una punizione inefficace e crudele, la quale evidenzia semmai come in molti Paesi sia più importante dimostrare che si combatte la criminalità attraverso gesti inutili, piuttosto che combatterla seriamente. La pena capitale è ancora legalmente ammessa in 37 Paesi del mondo. Tra questi 37 Paesi, sono sette quelli si definiscono di “democrazia liberale”. Gil Garcetti, ex procuratore distrettuale di Los Angeles afferma “La pena di morte non funziona, ha costi esorbitanti, è ingiusta e non serve alcuno scopo legittimo. L’unica soluzione è rimpiazzarla con l’ergastolo, senza possibilità di ottenere la libertà condizionale”. Nei 37 Paesi in cui attualmente è ammessa, Cina, Taiwan, Stati Uniti e Indonesia detengono il “podio” per il maggior numero di esecuzioni, secondo i dati rilevati nel 2013. Si può oggi ricorrere all’impiccagione o alle camere a gas rispettivamente in 3 e 5 stati americani. Quanto mai attuale risulta ancora il pensiero di Cesare Beccaria, quando scrisse, sostenendo che la pena di morte sia socialmente pericolosa e controproducente, “l’atrocità stessa della pena fa che si ardisca tanto di più per ischivarla, quanto è grande il male a cui su va incontro; fa che si commettano più delitti, per fuggir la pena di uno solo.” Un pensiero dunque ripreso dal procuratore distrettuale di Los Angeles, che abbiamo citatom sopra. Una notizia degli ultimi giorni riguardo l’argomento risale al 24 ottobre, giorno in cui tutti i condannati a morte in Kenya hanno potuto beneficiare della commutazione dal presidente di tutte le condanne all’esecuzione capitale in ergastoli.

L'Esecuzione capitale: un'opinione

Sarah Grattapaglia

Nell’antichità esisteva la “legge del taglione”: occhio per occhio, dente per dente. L’uomo ha da sempre avuto la necessità di darsi delle regole, che se venivano infrante prescrivevano una pena, la cui atrocità era legata al reato commesso. L’esecuzione capitale non sempre ha avuto nella storia motivazioni fondate; basta notare le persecuzioni, la caccia delle streghe, la Shoah, ecc. Non per tutti uccidere è un atto su cui riflettere, perché si decide se privare o meno una persona del suo diritto alla vita, ma si è rivelata essere spesso un comportamento irrazionale. Soltanto in questi ultimi decenni si è capito che lo Stato non può avere la funzione di poter decidere chi vive e chi no. Per questo molti Paesi hanno deciso di abolire l’esecuzione capitale e di sostituirla con il carcere a vita. Non credo che la pena di morte abbia qualche utilità: penso che condannando un uomo alla pena di morte lo facciamo sfuggire dal dolore derivante dagli anni in carcere; e così facendo non gli diamo la possibilità di capire quale sia stato il suo sbaglio, la gravità dell’azione che ha commesso e quindi lo priviamo dell’opportunità di pentirsi, di fare una lunga meditazione interiore ricercando il proprio “io”. Inoltre, penso che la pena di morte sia un’azione barbara; esisteva al tempo dei Sumeri, degli Spartani, dei Romani, …. Il nostro secolo dovrebbe essere segnato dal progresso, non solo in campo tecnologico e scientifico, ma anche in campo morale e culturale. Si dovrebbe arrivare ad una pena che spinga l’uomo a non commettere errori gravissimi per se stesso e per la società, ma meno tirannica; perché lo Stato condannando a morte il carcerato commette anch’esso un’azione punibile con tale pena. Non dobbiamo abbassarci al livello del condannato, ma elevarci verso la razionalità per poter giungere alla pena giusta, rispettando (con i giusti limiti) il prigioniero, che è pur sempre una persona.

di Gloria Collman, Iacopo Ciabini, Tea Maestra e Sarah Grattapaglia - impaginato da Enrico Parodi e Benedetta Iebole